Tuteliamo il Santuario di Caravaggio

di Flavio Rozza

UNA VASTA ZONA INDUSTRIALE MINACCIA UN LUOGO SACRO

“Questa mobilitazione non ha nessun colore politico e non è contro l’Amministrazione del Comune di Misano”. Sono le parole con cui mons. Amedeo Ferrari, rettore del Santuario di Caravaggio, ha aperto la manifestazione indetta proprio a difesa del Santuario e dell’ambiente circostante, minacciato dall’insediamento – previsto a poche centinaia di metri dalla Basilica – di una vasta zona industriale.

A destare particolare preoccupazione il progetto di una struttura per la logistica che porterebbe, in quella che adesso è una zona agricola, un imponente capannone con ben 72 slot di carico e scarico, con un conseguente impatto ambientale anche per via dell’incremento di traffico pesante. 

Una manifestazione, quella che si è svolta sabato scorso nell’area antistante la Basilica,  promossa dalla Diocesi di Cremona, ma sostenuta da tutte le diocesi lombarde e dalla Consulta regionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale lombarda, che proprio la scorsa settimana – con una nota – ha rimarcato come il patrimonio ambientale della zona in cui si trova il santuario Santa Maria del Fonte, a Caravaggio, è sempre stato tutelato e rispettato, tanto che nel corso degli anni il territorio circostante è stato considerato “area agricola di salvaguardia”.

Da qui l’appello a “preservare le aree agricole che per 600 anni hanno circondato il santuario, diventando tutt’uno con esso”. 

Sarà vero, come dice mons. Ferrari, che la manifestazione non è contro il Comune di Misano, ma è evidente che le scelte operate dall’Amministrazione guidata dal sindaco leghista Daisy Pirovano, risultino incomprensibili non solo a buona parte dei suoi concittadini, che dovranno fare i conti con i disagi correlati alla presenza della logistica, ma anche ai caravaggini e ai tanti fedeli che hanno a cuore il patrimonio ambientale e la salvaguardia del Santuario di Santa Maria del Fonte. 

La manifestazione, che ha visto convergere al Santuario di Caravaggio oltre 200 persone, nonché esponenti politici di quasi tutte le aree, si è inserita nel solco della mobilitazione promossa dal coordinamento “Salviamo il suolo”, che rappresenta un gruppo di associazioni, circoli, comitati e gruppi di cittadini uniti per la salvaguardia del suolo. 

L’evento ha visto intervenire esponenti di Legambiente e dei Circoli “Laudato Si’” nati in ambito diocesano. Dopo il rettore mons. Ferrari hanno preso la parola Eugenio Bignardi, incaricato per la Pastorale sociale e del Lavoro della diocesi di Cremona, Massimo Arati del gruppo “Laudato Si’”, Paolo Falbo del Circolo Legambiente Serio e Oglio, professore del Dipartimento di Economia e Management dell’università di Brescia e Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. 

Arati ha letto una sorta di lettera aperta a un sindaco, nella quale, pur dicendo di comprendere le ragioni che possono condurre ad accettare l’incremento degli insediamenti industriali nel proprio territorio, ha anche invitato a riflettere su ciò che tutto questo comporta: consumo di suolo, inquinamento, traffico e terreno che viene rubato alla produzione di cibo, agli uomini e agli animali.

Il prof. Falbo, nel suo articolato intervento, ha evidenziato la contrapposizione che vi è tra la debolezza della politica e la straordinaria forza della finanza, che non guarda in faccia nessuno ma pare interessata unicamente a guadagnare a breve termine rendimenti a doppia cifra.

A chiudere gli interventi è stata Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia, che ha rilanciato la necessità di una legge nazionale che miri a salvaguardare il consumo di suolo. Ha poi indicato – citando alcuni studi effettuati dal Politecnico di Milano – l’opportunità di costruire nelle aree dismesse e inutilizzate.

I manifestanti hanno poi formato una catena umana e composto tre grandi cartelli con i seguenti slogan: “Salviamo il Santuario“, “Salviamo il suolo“ e “Basta logistiche mangiasuolo”.

Per comprendere il motivo di questa straordinaria mobilitazione è utile però tornare alle parole pronunciate in apertura da mons. Ferrari: “tutelare il Santuario è per la salute completa delle persone, che hanno bisogno di recuperare testa e anima, oltre che lavoro e soldi”. E poi, citando la celebre frase del Manzoni, il rettore ha ricordato che vale la pena spendersi per difendere “quel Cielo di Lombardia, così bello quand’è bello”. 

Una terra, possiamo aggiungere citando altri autori, dove lo splendore dei colori della campagna si confonde con quello del marmo e dei mattoni del Santuario. 

Sarà così anche in futuro?

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