Esclusivo, l’europarlamentare Zanni: “Il problema immigrazione parte da Bruxelles”

SECONDO L’ON. MARCO ZANNI, PRESIDENTE DEL GRUPPO “SOVRANISTA” IDENTITÀ E DEMOCRAZIA (ID) AL PARLAMENTO EUROPEO, GLI SCOPI DI ALCUNE ONG IMPEGNATE CON I MIGRANTI “NON SEMPRE SONO CHIARI”…

Di Giuseppe Brienza

Marco Zanni, il leghista “convertito” al sovranismo dopo una iniziale adesione al MoVimento 5 Stelle (del resto era inevitabile per unpppo che si è laureato all’Università Bocconi), già responsabile esteri del partito di Matteo Salvini e presidente di Identità e Democrazia, il gruppo europeo di cui fa parte la delegazione della Lega assieme ad altri movimenti “euroscettici” e di destra come il Rassemblement National di Marine Le Pen e l’ Alternative für Deutschland (AfD) tedesca. L’abbiamo intervistato in esclusiva per inFormazione Cattolica.

Cominciamo da un paio di temi nazionali per poi concentrarci sulla politica europea. Anzitutto, quali sono in sintesi i motivi del suo passaggio dal Movimento 5 Stelle alla Lega?

Il mio passaggio alla Lega è stato molto naturale. Quando nel 2014 decisi di candidarmi alle elezioni europee con il MoVimento 5 Stelle ero persuaso, come milioni di italiani del resto, che fosse davvero nata una forza politica nuova, in grado di fare la differenza e mettere al primo posto i cittadini. La storia ha descritto un’altra realtà e le capriole dei vertici sulla linea politica del partito hanno segnato per me la fine di un’esperienza e l’inizio di un nuovo percorso di piena affinità politica con la Lega di Matteo Salvini.

Come sa, l’Italia sta tornando ad essere il più grande “campo profughi” d’Europa. Nei primi 3 mesi del 2021, infatti, gli sbarchi sono triplicati rispetto a un anno fa. Non ritiene assurdo che il Ministro dell’Interno Lamorgese non faccia nulla per controllare i porti e, per tale via, tutelare anche il diritto alla salute dei cittadini?

Il problema dell’immigrazione purtroppo parte da Bruxelles. Una dimostrazione palese di questo è il fatto che nel primo governo Conte, con Matteo Salvini a capo del Ministero dell’Interno, i flussi migratori verso le coste del nostro Paese hanno visto un calo considerevole con una riduzione importante del numero degli sbarchi irregolari e dei morti in mare. Sembra passata un’era geologica, ma allora ciò che fece davvero la differenza fu sedersi ai tavoli europei e far sentire il peso dell’Italia nella gestione di un fenomeno a cui ancora oggi l’Europa fa fatica a trovare una vera soluzione. I trafficanti di morte del Mediterraneo continuano a fare affari, spesso corroborati dall’attività di alcune Organizzazioni non governative, i cui scopi non sempre sono chiari, lautamente finanziate dai fondi messi loro a disposizione dalla Commissione europea. Abbiamo chiesto più volte trasparenza anche su questo, perché se non si parte dalla radice del problema, qualunque azione si voglia intraprendere, come vediamo, si rivela inefficace.

Veniamo ora alla sua esperienza, ormai pluriennale, al Parlamento europeo. Può presentarci origini, composizione e obiettivi politici del gruppo “Identità e Democrazia” al quale, assieme agli altri leghisti, appartiene?

I motivi alla base della formazione del nostro gruppo politico Identità e Democrazia, che ritiene valori – e non insidie – le identità nazionali e le differenze tra gli Stati membri, sono principalmente tre. Per lungo tempo nessuno in Europa si è occupato seriamente di garantire un sistema che favorisse una reale crescita economica del Continente, cosa che ci ha portati a essere gli eterni secondi rispetto a Paesi come Stati Uniti, Giappone e perfino Cina. Nella mission del nostro gruppo c’è dunque la volontà di una rinascita in questo senso per l’Europa, che va accompagnata a una migliore gestione della sicurezza interna (con la difesa dei confini esterni) e al cambiamento di strategia rispetto al tema dell’immigrazione, da rivedere assieme a molte delle regole finora date da Bruxelles che si sono rivelate, in parte se non del tutto, fallimentari.

Non crede l’attuale “pandemia” abbia avuto una estensione globale ma effetti economici e geopolitici spostati negativamente (quasi) solo su determinati Paesi (come l’Italia) e positivamente su altri (come la Cina)?

Voglio premettere che l’atteggiamento della Cina nella gestione del fenomeno Covid, tra mezze verità e informazioni opache, non ha giovato ai Paesi occidentali. Quanto al nostro, il primo in Europa ad essere stato colpito dalla pandemia, parte della responsabilità della drammatica situazione economica che stanno vivendo milioni di italiani è imputabile a una gestione disastrosa della crisi da parte dell’ultimo governo Conte. A livello europeo la crisi sanitaria, oltre ad essere un dramma con cui tutt’oggi dobbiamo fare i conti, ha soltanto messo in rilievo delle criticità preesistenti, sia a livello economico sia geopolitico. Ancora una volta, mi dispiace dirlo, il sistema di regole europee fondate su diktat di bilancio e scarsa lungimiranza e l’approccio lacunoso dell’Ue al contesto delle relazioni internazionali, hanno dato i loro cattivi frutti. Basti pensare alla corsa per derogare alle regole del Patto di Stabilità da parte dell’Ue: se non è questa l’implicita ammissione di un fallimento!

Pensa che il fatto di aver rinchiuso in casa per un anno e più milioni di cittadini europei, privandoli fra l’altro della prima libertà che, storicamente, ha fondato tutti i diritti umani come la libertà religiosa possa limitare anche dopo la “pandemia” e, comunque, creare un pericoloso “precedente” per la tutela delle libertà individuali?

All’inizio la pandemia ci ha colti tutti di sorpresa. Non eravamo preparati a quanto stava accadendo e molte delle limitazioni imposte dai governi sono state motivate principalmente dalla paura, oltre che dall’emergenza sanitaria. Oggi, però, a più di un anno dall’inizio di questo dramma, le persone hanno il legittimo bisogno di tornare a vivere e in questo la politica deve fare la sua parte. La Lega a Bruxelles, ad esempio, è stata la prima a denunciare la pessima gestione della strategia vaccinale da parte della Commissione europea. Oggi ci sorprende osservare come tutti gli schieramenti politici che si ergevano a strenui e acritici difensori dell’operato di Ursula Von der Leyen, siano stati costretti dalle evidenze a tornare sui loro passi, accodandosi a un pensiero, il nostro, che avevano strumentalmente bollato come propaganda politica dei “pericolosi sovranisti”. Ora speriamo che i ritardi dovuti agli errori commessi fino a oggi non rendano il ritorno alla normalità e alla libertà un percorso più accidentato del previsto.

Per quanto riguarda il recente episodio dello “sgarbo” della Turchia al presidente della Commissione europea, non ritiene che il fatto di aver minimizzato l’influenza della concezione della donna dell’islam abbia nuociuto alla reale comprensione di quanto accaduto? Non crede anche lei, come espresso dal presidente Draghi, che la Turchia sia strutturalmente una “dittatura”, incompatibile con l’ammissione all’Ue?

Concordo su Draghi sulla linea da intraprendere con Erdogan. Per forza di cose e, senza voler sembrare ripetitivo, a causa di una consolidata gestione “in perdita” da parte dell’Ue nei rapporti con la Turchia, oggi sottrarsi al dialogo con questo Paese non è più possibile. Serve cooperazione, ma allo stesso tempo fermezza su alcuni principi che non devono diventare negoziabili. La sedia negata a Ursula Von der Leyen, oltre a rendere una volta più evidente i limiti di una cultura che mette la donna in posizione di subalternità all’uomo, è soltanto la punta dell’iceberg. Ciò che invece le istituzioni europee, da anni, fingono di non vedere, è la prassi di un regime illiberale, incompatibile con le nostre democrazie, che con atti di forza e negazioni delle libertà personali, di espressione e di opinione, rappresenta un interlocutore inevitabilmente “difficile” per l’Europa. Prendere un volo per Ankara, promettere altri soldi ad Erdogan per la gestione dei migranti e tornare a Bruxelles con una immagine che è già negli annali delle peggiori rappresentazioni simboliche dello scarso peso dell’Ue nelle relazioni internazionali, non fa onore alle istituzioni di un Continente che dovrebbe dettare la linea, anziché rincorrere quella degli altri.

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