Sono 750mila le firme per liberalizzare l’omicidio del consenziente

IL REFERENDUM SULL’EUTANASIA LEGALE, PER IL QUALE IL COMITATO PROMOTORE GUIDATO DALL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI HA GIÀ RACCOLTO 750MILA FIRME, INTENDE ABROGARE L’ART. 579 DEL CODICE PENALE CHE PUNISCE L’OMICIDIO DEL CONSENZIENTE. È VERO CHE IL DECRETO GREEN PASS E IL DDL ZAN, CON TUTTO CIÒ CHE QUESTE NORME IMPLICANO, MERITANO GRANDE ATTENZIONE- È ALTRETTANTO VERO PERÒ CHE LE CONSEGUENZE SULLA VITA DELLE PERSONE PIÙ FRAGILI CHE COMPORTERÀ IL REFERENDUM DEI RADICALI QUALORA PASSASSE SARANNO MOLTO PEGGIORI

Di Giuseppe Brienza

Da quando ne avevamo scritto nemmeno una settimana fa (allora erano 500mila firme), il Comitato Promotore del Referendum Eutanasia Legale ha già annunciato il raggiungimento delle 750mila sottoscrizioni necessarie per “mettere in sicurezza” il quesito da ogni possibilità di errore nella raccolta, difficoltà nelle operazioni di rientro dei moduli e mancate convalide da parte della Cassazione. Oltre 500mila firme sono state raccolte ai tavoli dai circa 13mila volontari (un esercito!) mentre quelle digitali hanno superato le 250mila. A questi numeri si deve aggiungere anche un “gruzzoletto” ancora imprecisato di firme raccolte nei Comuni, nei consolati e negli studi di avvocati e gruppi che si sono aggiunti alla mobilitazione nelle scorse settimane.

Il Comitato guidato dall’Associazione Luca Coscioni ha conseguito così, in giorni difficili come quelli di agosto, un «risultato straordinario», come ha dichiarato Filomena Gallo, segretario dell’associazione radicale promotrice dell’iniziativa referendaria (cit. in Il Fatto quotidiano, 25 agosto 2021). Ora è spianato quindi il campo ad un quesito che, se vinceranno i , darà come risultato non quello di depenalizzare, bensì di liberalizzare tout court l’omicidio del consenziente, salvo tre circostanze, quali l’uccisione di un minore, di una persona inferma di mente o il cui consenso a essere uccisa è stato estorto con violenza o inganno (le ultime due facilmente occultabili), le quali annullano il consenso. È vero che il decreto Green Pass e il ddl Zan, con tutto ciò che queste norme implicano, meritano grande attenzione. È altrettanto vero però che le conseguenze sulla vita delle persone più fragili che comporterà il referendum dei radicali qualora passasse saranno molto peggiori.

Il quesito, come sappiamo, non spunta su come un fungo. È stato infatti “preparato” dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale (allora presidente era il magistrato Giorgio Lattanzi che, nel maggio scorso, è stato nominato dal Ministro della giustizia Marta Cartabia – che era giudice costituzionale ai tempi della sentenza ed è succeduta a Lattanzi a capo della Consulta nel dicembre del 2019 – a commissario del ministero per la stesura di emendamenti da inserire nella riforma del sistema processuale penale italiano) a seguito del caso “dj Fabo – Marco Cappato”, dalla legge n. 219 del 2017 sulle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) e dal testo-base sul suicidio assistito da poco approvato nelle commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera (relatori i deputati Alfredo Bazoli-Pd e Nicola Provenza-M5s).

Ebbene, il quesito radicale che tante adesioni ha raccolto, va (come di solito capita nel tandem giudiziario-politico) molto al di là la sentenza della Consulta a seguito dell’aiuto al suicidio di dj Fabo. Allora, infatti, la Corte ritenne parzialmente incostituzionale l’articolo 580 del Codice penale sull’aiuto al suicidio nella misura in cui non contempla quattro circostanze che dovrebbero, ad avviso dei giudici, depenalizzare il reato. Le quattro circostanze-falla erano così individuate per giustificare la legittimità della cooperazione al suicidio: 1) la persona è affetta da patologie irreversibili, 2) prova sofferenza intollerabile, 3) è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale ed 4) è capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Secondo il consueto schema del piano inclinato, i giudici della Corte non hanno reputato incostituzionale il reato di “aiuto al suicidio” in generale, ma aprendo la crepa delle quattro circostanze “esimenti”, hanno aperto la strada ad iniziative come quella piddina-pentastellata alla Camera dei deputati e quella radicale-referendaria. I promotori del referendum per l’eutanasia legale, oltretutto, non stanno chiedendo con il loro quesito l’abrogazione dell’articolo 580 del Codice penale sull’aiuto al suicidio, bensì l’abrogazione dell’articolo 579 sull’omicidio del consenziente, depenalizzandolo anche in presenza di un consenso! Mentre la sentenza della Corte costituzionale chiedeva quindi al legislatore di intervenire con puntualità sull’articolo 580 c.p., entrata nel frullatore del mainstream ha dato la stura ad una iniziativa referendaria che non depenalizza, bensì liberalizza l’omicidio del consenziente. Guarda caso, come già successo a partire dalla sentenza n. 27 del 1975 che ha preparato la legge n. 194 del 1978 sull’aborto (anche allora il Partito Radicale aveva raccolto 700mila firme con una proposta di referendum abortista), le politica e la “legge” vanno ben oltre i sottili distinguo dei giuristi prezzolati (o ideologizzati) e, purtroppo, anche di alcuni giudici…

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