La testimonianza di Giovanni il Battista

di Giuliva Di Berardino

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI UNA TEOLOGA LITURGISTA 

Gv 1,19-28

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno Vescovi e dottori della Chiesa

Oggi è la memoria liturgica dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno. Basilio nacque intorno al 330 a Cesarea di Cappadocia. Studiò a Costantinopoli, poi ad Atene, dove conobbe Gregorio di Nazianzo e diventarono amici. Finiti gli studi, Basilio tornò in Cappadocia e si dedicò alla vita monastica, componendo perfino due regole di vita per i monaci. Per questo è considerato l’organizzatore della vita monastica in Asia Minore.

Nel 370, divenne vescovo di Cesarea e primate della Cappadocia.  Anche il suo amico Gregorio di Nazianzo divenne vescovo di Sásima, di Costantinopoli e di Nazianzo, manifestò un così grande ardore per la divinità del Verbo, che venne conosciuto anche come “il vescovo teologo”. I due santi amici sono stati nominati Dottori della Chiesa e la chiesa li ricorda lo stesso giorno, proprio in nome della loro profonda amicizia.

Il Vangelo che la liturgia ci propone, invece, mostra la testimonianza di Giovanni il Battista.

Nel testo si può notare che Giovanni, interrogato sulla sua identità, nega di essere il Messia, nega di essere Elia, e infine anche di essere profeta. Eppure c’è una relazione tra Giovanni e il Messia che i sacerdoti e i leviti di Gerusalemme non riuscivano a capire:  Giovanni non diceva solo parole convincenti, ma faceva eseguire il  gesto rituale del battesimo ai suoi seguaci, così da prepararli alla venuta del Messia.

E’ evidente allora che la testimonianza di Giovanni non è tanto quello che si dice di lui, infatti lui nega tutto ciò che si dice in giro, ma la testimonianza di Giovanni è  il gesto rituale dell’immersione. Giovanni  afferma di essere quello che fa, e non quello che dice, o che si dice in giro di lui.

Questa indicazione è molto preziosa per noi, perché in effetti ognuno di noi ha dei talenti, delle passioni che ha coltivato o delle possibilità che può offrire al mondo, alcuni lo fanno attraverso il lavoro, altri in forma gratuita, attraverso il volontariato, per esempio. Però quello che ci fa capire oggi Giovanni è che le azioni che facciamo per gli altri e che partono da un dono di noi stessi, possono diventare  testimonianza della cura di Dio per ciascun essere umano, come nel caso di Giovanni.

Ecco, la testimonianza dei credenti in Gesù passa attraverso le azioni umane che diventano atti di amicizia, di dono, attraverso i quali si costruisce la pace e la fraternità tra le persone. Essere cristiani è cercare sempre il modo per poter agire mostrandosi amico dell’altro perché, fosse anche con strade e modi diversi o in paesi e culture diverse, se  ci si conosce nella fede in Gesù, si può restare sempre amici per  la testimonianza  che doniamo al  mondo, proprio come hanno fatto i due santi amici Basilio il Grande e Gregorio il teologo.

Allora oggi, vivendo questo  tempo liturgico di Natale, fermiamoci a meditare la profondità dell’amicizia  e portiamo davanti a Gesù Bambino le nostre azioni, il nostro lavoro, le nostre qualità perché tutto ciò che facciamo diventi testimonianza dell’amicizia che Gesù ci insegna a vivere come dono l’uno per l’altro. 

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