La democrazia può facilmente trasformarsi in un regime oppressivo

di Pietro Licciardi

LA DEMOCRAZIA SENZA VALORI: UN SISTEMA TOTALITARIO ALMENO QUANTO LO FURONO IL NAZIONALSOCIALISMO E IL COMUNISMO

Aleksandr Solgenitsin (1918-2008), il dissidente russo noto in Occidente per aver fatto conoscere gli orrori dell’universo concentrazionario sovietico col suo racconto Una giornata di Ivan Denisovic, poco dopo il crollo dell’impero bolscevico disse che probabilmente la Russia, per potersi risollevare dalle macerie morali che il comunismo aveva lasciato e tornare ad un sistema sociale finalmente umano avrebbe dovuto attraversare un periodo di dittatura.

Ovvero avrebbe dovuto poter ristabilire quell’ordine naturale e quella giusta gerarchia di valori che settant’anni di ideologia totalitaria avevano distrutto o sovvertito nell’intero corpo sociale e per farlo si sarebbe dovuto ricorrere ad una sorta di rieducazione, imposta se necessario, da parte di chi quei valori e quella gerarchia avevano fortunosamente conservato anche a prezzo di indicibili persecuzioni e sofferenze.

Un pensiero, questo, che probabilmente farà rabbrividire molti, abituati come siamo a considerare la democrazia contemporanea come il migliore sistema di organizzazione sociale e politica possibile. Ma la democrazia può facilmente trasformarsi in un regime oppressivo e totalitario almeno quanto lo furono il nazionalsocialismo e il comunismo.

Un pericolo questo avvertito anche dai Papi; non soltanto Benedetto XVI, di cui ricordiamo il discorso al Bundestag di Berlino del 22 Settembre 2011, ma anche da Leone XIII, con la sua enciclica «Libertas» del 20 Giugno 1888. Da Papa Pecci in poi i pontefici non hanno mai smesso di ricordare che condizione imprescindibile per considerare buona qualsiasi forma di governo, democrazia inclusa, è l’uso del potere pubblico secondo i principi dell’ordine naturale stabilito da Dio.

Ma è proprio questo ordine che i totalitarismi di ogni epoca hanno ignorato o stravolto. Essendo lo Stato o il partito origine e fonte del potere – anche se nominalmente intestato al popolo – e quindi del diritto, questi non si sono fatti scrupolo di trasformare il male in un bene e con la persuasione della propaganda o con il terrore hanno fatto sì che anche la società cominciasse a considerare positivo e doveroso ciò che fino a ieri era considerato assolutamente negativo.

Esemplare a questo proposito è come nelle attuali “democrazie” occidentali assassinii di massa come l’aborto e prossimamente l’eutanasia non solo siano comunemente praticati come nei regimi sanguinari del passato e con addirittura le stesse motivazioni ma sono stati elevati al rango di “diritto” della persona mentre altri capovolgimenti della morale e della natura si stanno operando. Pseudo-diritti camuffati da atti altruistici: dal divorzio, alla scelta e manipolazione del sesso, alla violenza sui bambini, al commercio dell’utero femminile… e l’elenco potrebbe continuare.

Ma tornando al succo del discorso vale la pena rileggere parte di un saggio di Francois Rouleau, pubblicato in traduzione italiana dalla rivista L’altra Europa (n.199 del Gennaio-Febbraio 1985), che s’intitola Vera e falsa simmetria tra Est e Ovest.

Inizia così: «le tirannie sono sempre esistite nel corso della storia: e pensiamo qui alle dittature o, per parlare dei casi più frequenti, ai colpi di stato militari (anche se non tutti i “poteri forti” possono essere assimilati a una tirannia). In questo sistema, la chiave di tutto è l’uomo forte. E’ sì vero che l’uomo forte cerca di giustificare la propria azione con delle argomentazioni e persino con una dottrina, ma nel sistema tirannico l’essenziale resta l’uomo forte, e la dottrina non è che un mezzo per giustificare l’uomo. E la prova migliore di questo fatto è che se l’uomo scompare il gioco politico tradizionale può riprendere il proprio corso (il franchismo è esemplare a questo proposito: meno di dieci anni dopo Franco, il paese può optare per il socialismo). Non si è mai dato il caso invece che un potere totalitario abbia lasciato libero un paese: il nazismo ha sì lasciato la presa, ma sotto il peso delle bombe e delle macerie».

Continua Rouleau: «nel sistema totalitario moderno le cose funzionano in maniera completamente diversa. Il cuore del sistema non è tanto l’uomo forte quanto la dottrina. Hitler, una volta al potere, applica alla lettera il Mein Kampf; Lenin, al potere, resta soggetto alla dottrina da lui elaborata molto tempo prima della Rivoluzione del 1917. La dottrina infatti si impone a tutti: al capo come ai semplici cittadini, poiché è il carattere scientifico della dottrina a darle il suo valore universale e assoluto, e quindi obbligatorio. La chiave di un regime dittatoriale è, così, l’uomo forte, mentre la chiave del potere totalitario è l’ideologia. E’ questa la differenza radicale sul piano dei principi. Questa differenza teorica è confermata sul piano dell’esperienza sociale e politica, perché essere dominati da un uomo (anche se malvagio) è un’esperienza assolutamente diversa da quella di essere governati da un’astrazione (soprattutto se è falsa)!».

Ed eccoci quindi alla conclusione: «nei paesi che si trovano sotto una dittatura militare ciò che è perduto è la libertà politica. Nei regimi ideologici ciò che va perso non è soltanto la libertà politica ma anche la libertà civile: il diritto ad un sindacato libero, alla libertà di associazione, alla libertà di parola, alla libertà della proprietà privata sono soggetti al monopolio ideologico. In ultima analisi ci si trova in una situazione in cui è la società civile ad essere contestata come ingiusta. Ed è il mondo tale e quale esiste – e quale è stato costruito dagli uomini da sempre – a essere proclamato radicalmente ingiusto e degno di essere sostituito da un mondo nuovo, ideale un mondo la cui costruzione ci è garantita come possibile e doverosa dalla scienza ideologica. Un regime dittatoriale cerca di sottomettere la società civile esistente. Un regime ideologico cerca di sostituirla con qualcosa di diverso».

Il che è esattamente in tentativo in atto in questo momento, anche a livello internazionale. Vi dice nulla il termine “Grande reset?” che la “democratica” Unione europea vorrebbe attuare?

 

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Grazie.
Anche Giovanni Paolo II dedica un punto nella Centesimus Annus per spiegare che la democrazia che si allontana dalla verità tende a divenire un totalitarismo.

C’è dittatura e dittatura: proprio il citato Franco, nonchè Salazar, ebbero meriti che la nostra attuale “demoncrazia” si sogna di avere!
Tobia